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A vocazzione. Pezzo in lavorazione (1)

Via Sichelgaita 48 – Salerno 2017 ( da Google Maps)

di Ennio Abate

Capitolo 2

 

A vocazzione inizia a Salierne? Sì, in via Sichelgaita 48. Nell’appartamento al terzo piano che Mineche aveva comprato e abitava con Nannine, quando si era congedato da carabiniere e s’era sposato con lei. Ah, non a Casebbarone!  Eh no,  là, nella casa di sua madre Fortuna, la sarta,  Nannine aveva partorito    nel ’41 e nel ’42 e criature –  Chiero e Eggidie. C’era tornata per lo scoppio della guerra.  Perché Mineche era stato richiamat’e sotto le armi.  Ma c’era  ‘nmiezze pure nu suicidie.  La sua vicina di via Sichelgaita, a mugliera e nu ferroviere, s’era buttata dal ponte di via Arce sui binari sotto  un treno. E Continua la lettura di A vocazzione. Pezzo in lavorazione (1)

Senza terra

 di Rita Simonitto

Questo romanzo è opera in cui l’autrice – donna, psicanalista, poetessa e narratrice –  va fino in fondo e spesso in modi spietati  nei nuclei più dolorosi della sua esperienza.  Molti dei suoi temi – la condizione di povertà  contadina,  la ribellione istintiva all’educazione cattolica,  la sconfitta politica  quasi in parallelo con quella affettiva, il ricorso alla scrittura come  avvio individuale ad un riscatto – sono comuni ad alcune generazioni maturate nel secondo Novecento. E c’è, fin troppo feroce  e squassante e quasi in ogni pagina, un dolore che devo per forza definire *al femminile*: è quello di chi – donna ma  spesso anche uomo –  si ritrova  a *riparare* qualcosa che si è rotto sul piano del sentire amoroso più intimo e impenetrabile dal pensiero. L’”Epilogo” – e perciò ho voluto pubblicarlo su Poliscritture –  è davvero struggente per la scelta di fare i conti con Padre e Madre (reali e immaginari) attraverso un dialogo postumo ma svolto in forma diretta come con persone vive.  Sul piano letterario la forma-romanzo mi pare  volentieri “strapazzata” o  usata liberamente per  seguire fino  in fondo certe esigenze espressionistiche. Ne risulta un tipo di narrazione frammentata e ibrida, dove le digressioni sul mito si intersecano con l’autoanalisi; ma anche con le interrogazioni sul senso o non senso del narrare stesso (a chi narrare? scavare nel passato ma perché?). Il «Senza terra» del titolo, come scritto nella quarta di copertina, allude alla «ricerca di quell’humus, di quella terra fertile che permetta di superare le macerie del passato e di evitare le fughe ingannevoli delle idealizzazioni», ma io tenderei di più a porre l’accento soprattutto sul «senza». Che rimanda una condizione umana più generale ed estrema di “povertà resistente”. Proprio come quel mandarino, che s’affaccia furtivo e inatteso in auest’epilogo e che patisce «con sfida esibendo le piccole foglie accartocciate dal gelo» mentre «le altre piante, più avvezze ai climi rigidi, se l’erano cavata». Quante allegorie sarebbero possibili a partire da questa immagine! Che a me  rimanda – a riprova della distanza epocale tra noi e i nostri antenati – all’albero fiorente di ciliegie di Brecht saccheggiato da un giovane ladro dai calzoni sdruciti. Il cui arrivo anche il mandarino di questo romanzo potrebbe attendere? [E. A.] Continua la lettura di Senza terra

Poesie inedite

Scimmia e bimba per poesie Locatelli

di Annamaria Locatelli

Questa pubblicazione di alcune poesie inedite di Annamaria Locatelli non è solo un omaggio ad una delle commentatrici più assidue e cordiali di Poliscritture, ma un invito a riflettere, a partire dal suo caso concreto, sulla tenacia con la quale una donna, senza lasciarsi intimidire dai tanti e contraddittori e quasi sempre inconcludenti discorsi che si fanno sulla poesia d’oggi, continua – schiva ma decisa – a coltivarla per suo conto. Annamaria cerca la sua poesia nel fiabesco, dove i fiumi che scorrono non possono essere che pigri e le pecore bianche non possono che brucare. E lì però non dimentica la paura dell’animale selvatico (la piccola volpe smarrita) costretta a nascondersi «in anfratti solitari». Domina nella sua ricerca la nostalgia di un mondo primitivo (quasi di una Rousseau al femminile invaghita di «Lucy l’antenata»?). La spinta  più sentita è quella di sfuggire al mondo delle merci per rinascere, cancellando il presente abitato da uomini ammaliati e ammalati di nuove tecnologie, e ritrovarsi all’unisono con una natura intatta e rassicurante. Si può o si deve recuperare il gesto antico e semplice dell’impastare il pane e tornare pronti a spartirlo con i bisognosi? Non si finirà malcapitati a imprecare cercando «un appiglio/ in coda all’ultimo tram»? Eppure questo è il sogno che la poesia di Annamaria cura e alimenta. E che ai più scettici pone una domanda ineludibile: perché esso persiste in tanti/e? [E. A.] Continua la lettura di Poesie inedite

Tra le foglie

PENTAX Image
di Cristiana Fischer

La fotografia di una collina boscosa, al centro una casa, il testo di scrittura. Chi è l’artista della figura, chi trasmette la scrittura? Chi ha inquadrato il paesaggio da lontano (saluta e salva) chi articola e modera parole nel testo e sottoscrive un’opera che vive da sé impersonale e collettiva insieme? (Quasi in collegamento con la grafologia che analizza le firme dei dirigenti delle corporations, una sigla sull’operare collettivo.) Continua la lettura di Tra le foglie

La valle

recanati 2

di Maria Teresa Granati

Sono nata in un paese di collina davanti a una grande valle, tra altre colline e altre valli, ma di fronte alla mia casa c’era quella che ancora oggi mi sembra la più bella e armoniosa.
La guardavo dalla finestra o dalla porta di casa, o quando camminavo sulla strada che porta al paese o dal belvedere che chiamiamo Pincio. La vedevo sempre uguale e sempre diversa, col mutare delle stagioni, di giorno e di notte, con la pioggia e col sole; mi incantava soprattutto con la neve, quando magicamente si trasfigurava.
Mi sono abituata, crescendo, a considerarla una sorta di rappresentazione del reale, del mondo, dell’altro da me, di cui tuttavia sentivo di far parte. Per un certo periodo, credo verso la fine delle elementari, sono stata convinta che fosse più o meno al centro del mondo, ma allora sapevo, dell’Italia e dell’Europa, quello che c’era nel manuale delle elementari o poco più. I miei primi viaggi, a Urbino, Firenze, Napoli, li devo al Liceo “Leopardi”, che ho frequentato a Recanati. Continua la lettura di La valle