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Quarantaquattro gatti

 

 di Angelo Australi

Con quel primo venerdì di marzo ultimavano la verniciatura dei quarantaquattro comodini realizzati per un lussuoso albergo di Capri, in anticipo di una settimana sui tempi di consegna. Ci stavano dietro da fine gennaio, senza mai staccare la spina per ben quaranta giorni. All’albergo a quattro stelle la stagione turistica si apriva con la Pasqua, quindi letti e comodini dovevano essere consegnati non oltre la metà del mese. Nel carico erano compresi anche gli accessori per l’illuminazione, già consegnati e riscossi da Spartaco e il suo socio prima di buttarsi a capo basso su quell’ordine per il quale si erano trasferiti a lavorare in un fondo messo a disposizione dal committente al suo paese. Li aveva cercati il padrone di quella ditta che gestiva l’ordinazione dei letti in ferro per la fornitura di lampadari, abat-jour, di applique e di alcune piantane da distribuire nei locali del bar o di corredo alle poltrone della sala della reception, ma visto che apprezzava il loro modo di lavorare, alla fine li aveva coinvolti anche per la verniciatura dei mobiletti. Erano già in affari con il proprietario perché ci acquistavano le strutture in ferro dei lampadari che poi decoravano in argento o in oro a foglia, mentre lui, quando aveva bisogno di qualche accessorio per l’illuminazione da sistemare negli spazi espositivi della sua azienda, si rivolgeva a loro. Uno scambio che pur non avendo grossi margini di guadagno consentiva di non tirare fuori un soldo nell’acquisto dei loro articoli. Va detto che l’azienda di Renato era molto rinomata nel lavorare il ferro, faceva letti, tavoli, sedie, lampadari, qualsiasi cosa servisse per la casa o il giardino, … e anche in ogni tipo di metallo; non avevano a contratto mai meno di tre rappresentanti a gironzolare per l’Italia: uno al sud, uno che si muoveva per il nord e uno sul centro. E ormai, già da un paio di anni, dalla bottega artigianale situata in una storica strada dell’antico borgo intorno al quale si era sviluppato il paese nel dopoguerra, lui e il fratello si erano trasferiti con l’attività nella nuova zona industriale cresciuta in quella periferia allargatasi tra le coltivazioni di granturco e del pregiatissimo tabacco dei sigari toscani, dando lavoro a dodici operai. Il capannone si trovava in un punto strategico della viabilità del fondovalle, chi si spostava in auto non poteva non notarlo. Avevano messo una gigantesca insegna luminosa che si leggeva anche dall’Autostrada del Sole e, sul davanti, oltre l’area adibita a parcheggio dei clienti, l’immobile esibiva un ampio spazio espositivo dove stavano in mostra anche i lampadari realizzati da Spartaco e Siro. Alla richiesta dei proprietari dell’albergo di indicargli qualcuno in grado di realizzare la mobilia in legno da abbinare ai letti, Renato si era subito convinto di riuscire a proporre un’alta qualità ad un prezzo molto competitivo. Per la realizzazione dei mobili grezzi aveva in mente una falegnameria dell’area industriale che lavorava il truciolato, ma poi Spartaco avrebbe nascosto la bassa qualità del legno con la coloratura finale. Continua la lettura di Quarantaquattro gatti

Due gatti tre gatti cinque gatti…

Pierre Bonnard, Il gatto bianco

di Marcella Corsi

 

                     Se deciderai, ti promettiamo orecchio assoluto… Qualche mese fa avevo scritto di lei senza che ci fosse. Avevo desiderato che arrivasse. Mi sono tenuta questo pensiero in tasca come un porta fortuna, senza parlarne con nessuno. Potenza del desiderio – il mio talvolta lo è – ieri Sara mi ha detto che con Emiliano stanno pensando di avere un bambino. Magari sarà una femmina. Continua la lettura di Due gatti tre gatti cinque gatti…

Un ritorno

di Marcella Corsi

      Appena entrata mi viene incontro la morbidezza piumosa di Balù. Mi saluta in piedi  sul tavolo di fronte alla porta d’ingresso, il lungo pelo bianco e grigio in lieve fremito sul corpo proteso verso di me. «Neanche un nodo», penso mentre lo accarezzo accostando il naso al suo tartufo rosa. Il punto di pelo bianco in cima alla coda ondeggia mentre comincia a fare le fusa.

Tre poesie da “Il lato destro dell’armadio”

di Canio Mancuso


Piccole manovre dell’abbandono

Le prime a cadere sono state le piante
non per volontà del tempo o del destino
ma del finto giardiniere
che le aveva ficcate nella terra. Continua la lettura di Tre poesie da “Il lato destro dell’armadio”

Sulla collina

mayoor sparare

di Lucio Mayoor Tosi


Cosa si nasconde nella testa del pazzo che svolta l’angolo
uscendo dal bar?
Ha due metri di fucile nella spina dorsale, un cappotto
marrone e l’aria
di chi ama osservare da lontano, con le sopracciglia in su
perché ha già visto: Continua la lettura di Sulla collina

Intervista (2) a Annamaria De Pietro

hokusai-peonies-and-butterfa cura di Ennio Abate

Nell’accostare «Rettangoli in cerca di un pi greco» (ma anche il tuo «Si vuo’ ‘o ciardino») mi è parso di cogliere una tua particolare predilezione (forse dovuta a studi o viaggi o contatti, non so) con la cultura francese tra Seicento e Settecento. Mi sbaglio?

Eccoti un pignolesco resoconto dei miei rapporti con la Francia. A scuola ho studiato il francese; poi, esame di francese all’università. Da questi studi nacquero grandi amori soprattutto per certe parti di quella letteratura, in particolare per Ronsard, scoperto al ginnasio, sempre amato da lontano, e poi, in anni abbastanza recenti, tradotto con passione (più di quattrocento testi, dei quali un giorno o l’altro dovrei ben fare qualcosa. Continua la lettura di Intervista (2) a Annamaria De Pietro