Un altro intervento su Fughe di Velio Abati. [E. A.]
Victa iacet pietas, et Virgo caede madentes,ultima caelestum, terras Astraea reliquit.
(Ovidio, Metamorfosi, I, vv. 149-150).
Se nel mito di Astrea, l’avidità e i crimini caratterizzanti l’età del ferro, avevano causato la fuga degli Dei, nelle Fughe di Velio Abati la ritirata non è concepita: le “fughe” piuttosto si pongono come una spinta al cambiamento con lo scopo di combattere quella “ostinata immobilità che germina la disperazione” (La cartella, p.83). Continua la lettura di La spinta eversiva di “Fughe”→
Della morte di questo poeta da tempo vivente negli USA ha dato notizia il 10 agosto scorso il blog L’OMBRA DELLA PAROLA (qui), che molto si è speso da anni per far conoscere la sua produzione. Sulla sua qualità e originalità per ora non mi pronuncio. Voglio invece sottolineare il mio dissenso, anche in questo momento di lutto, per la rimozione non innocente dei nodi politici e storici più ardui non solo dalla riflessione su De Palchi ma da quasi tutte le attuali discussioni sui poeti e la poesia. E lo faccio – ancora una volta polemicamente, purtroppo – pubblicando alcune mail del 2015 tra me e un amico, che lascio anonimo; e ripubblicando un commento, ovviamente ignorato, che lasciai nel 2016 su L’OMBRA DELLA PAROLA a proposito dei rapporti tra Alfredo De Palchi e Franco Fortini, che a quei nodi politici (del secondo dopoguerra) rimandava. [E. A.]
Con Gianfranco Fiameni ebbi alcuni incontri e scambi attorno al 2002 e negli anni seguenti fino al convegno del 2006 a Cremona su Danilo Montaldi a cui partecipai (qui). Poi ci perdemmo di vista. Pochi giorni fa pensavo a lui, alla sua amicizia con Danilo; e, controllandoo sul Web, ho saputo che è morto nel 2016. Lo voglio ricordare nella cerchia di Poliscritture con una sua testimonianza sul gruppo cremonese di Unità Proletaria e due appunti del mio diario del 2002. E’ un modo minimo per rendergli omaggio in un tempo così ingrato verso quanti a ragione poterono chiamarsi compagni fino agli anni Settanta del Novecento. Faccio presente che ho ripreso dal Web (qui) la testimonianza di Fiameni. E’ in una edizione un po’ approssimativa (mancano le indicazioni della data e del luogo dell’intervento e non sono venuto a capo di alcuni nomi citati) e me ne scuso. [E. A.]
Per il mio
compleanno Elisa, la nipote dott.ssa in filosofia, mi ha regalato un libretto
di Theodor W. Adorno. Titolo: «Aspetti del nuovo radicalismo di destra»
(Marsilio, 2020, pp.90).
Di questo operaio immigrato e anarchico-comunista che appare nella foto ho scritto in un inedito “Proletari a Colognom” narrando della nascita nel 1969 del Gruppo Operai e studenti:
Mio suocero, Michele Turi, era operaio in non so più quale fabbrichetta. Ci aveva lavorato all’inizio anche Rosa, sua figlia, e ancora, di tanto in tanto, portava del lavoro da fare a casa. Togliere la sbavatura dai tappi di plastica. Ci si metteva attorno al tavolo grandi e piccoli e si faceva, gareggiando, qualche oretta di lavoro prima di apparecchiare per la cena. Un giorno Michele aveva voluto farmi conoscere alcuni operai della Siae. Erano giovani.Avevano sentito parlare del movimento degli studenti dell’anno prima. Volevano sapere perché gli studenti occupavano le università, beffeggiavano i professori, si scontravano con la polizia e parlavano di rivoluzione.[...]
Qui sotto, invece, pubblico il discorso (non è una poesia, gli a capo mi servirono per dare le pause alla voce) che lessi il 24 giugno 1986 al suo funerale. E’ questa vita operaia semplice, amara e coraggiosa, simile a quella di migliaia di altri operai che hanno partecipato alle lotte sociali e politiche di questo Paese con la speranza di mutarlo e migliorarlo, che vorrei sventolare indignato – da qui il titolo polemico – sotto il muso dei cancellatori della memoria (tra cui persino l’ex sindaco di centrosinistra di Milano Giuliano Pisapia), che il 19 settembre 2019 hanno approvato al Parlamento Europeo di Bruxelles una risoluzione subdola e infame. Essa non solo liquida qualsiasi differenza tra fascismo/nazismo e comunismo ma pretende una “memoria condivisa” tra oppressori e oppressi; ed occulta e azzera proprio esperienze di vita come questa. E ce ne sono tante altre, di cui per stanchezza o disperazione, in questi anni di stordimento, ci siamo dimenticati.Esse contengono ancora quegli spunti di comunismo, che i dominatori di oggi hanno seppellito sotto montagne di menzogne e malefatte. Anche – è bene ricordarlo – con la complicità di chi a sinistra gli ha arato il terreno. [E. A.]
Il titolo – deliberatamente modesto – vuole sottolineare come ciascuno di noi manifesti, quale che sia il suo campo di osservazione, atteggiamenti e opinioni largamente influenzate dalla propria storia. Anche quest’ultimo vocabolo viene qui utilizzato in una versione modesta. Con esso non si allude alla catena degli avvenimenti importanti ai quali ha assistito o ai quali ha partecipato ma a tutti quegli elementi della sua esperienza . Questa può consistere sia in avvenimenti visti o vissuti.
Sia in tracce culturali sia infine in superstizioni
fossilizzate come verità. Questo percorso di esplorazione ci porta a spiegare i
comportamenti e le opinioni . Altro è il problema della loro giustificazione in
base a “ valori “ .
Cosa c’è in una rosa? Ciò che chiamiamo rosa anche con un altro nome conserva sempre il suo profumo.
(W. Shakespeare, Romeo e Giulietta Atto II, scena II)
Pubblico questo scambio su Facebook tra me e Gianfranco La Grassa perché mi pare un buon esempio di come una tradizione di sinistra anche critica, come quella di Pasolini, possa essere usata – per delusione, per disperazione, per volontà di oltranza astratta, per eccesso di realismo politico – non tanto contro la sinistra e a favore della destra ma contro ogni ipotesi (oggi purtroppo cancellata dal dibattito intellettuale e resa quasi impensabile) di spezzare il gioco tra dominatori comunque simili (“tirapiedi” di tipo A o di tipo B). Questa ovviamente è la mia opinione che sottopongo alla discussione. [E. A.]
Oggi le idee che circolano sul che fare in politica sono dappertutto confuse. Sia in basso che in alto. Sia tra il popolo che tra le élites. E mi riferisco a quanto è successo ieri nel governo e nel parlamento inglese e a quello che potrà succedere nelle prossime settimane alle europee. Chiariamo che in questo botta e risposta tra me e Toffoli non si confrontano un simpatizzante del PD e uno del governo. Ma due scontentezze, purtroppo. I loro punti di attrito (sui” neofascismi” o i “populismi” o il ritardo nell’uso delle «buone rovine» di Marx, ad es.) sono drammatici, ma abbiamo concordato di renderle pubbliche nella speranza di poter trovare in un dibattito più ampio qualche punto fermo su cui collaborare con più convinzione. [E.A.]